Nella Nota di alcuni quadri dipinti da Giacomo Filippo Zoboli modenese nel tempo che stava a Roma allegata al proprio testamento (1767), lo stesso artista ricorda di aver eseguito per la chiesa romana di Sant’Eustachio una pala raffigurante “San Girolamo nel deserto che medita il Giudizio Universale”. La tela qui analizzata è da considerarsi un “ricordo”, eseguito dallo stesso pittore, di un dipinto che Zoboli realizzò per l’Accademia Nazionale di San Luca. Non è inusuale per l’artista replicare più volte le proprie composizioni. Secondo una soluzione molto praticata in epoca barocca, l’angelo che da fiato alla tromba intende infatti visualizzare il passo in cui San Girolamo, ritiratosi in meditazione nel deserto, racconta di aver udito l’annuncio del Giudizio Universale. A un diverso momento della vita di San Girolamo fanno riferimento invece, alle sue spalle, l’angelo intento a fustigare il demone e il gruppo di fanciulle danzanti, alludenti alle tentazioni cui egli avrebbe saputo resistere nella stessa circostanza. La produzione sacra di Zoboli si connota per un’adesione assai più marcata alla tradizione secentesca, ricercata in particolare sui grandi modelli bolognesi: in questo caso è palese la dipendenza da idee di Guido Reni.
Banca Popolare dell’Emilia Romagna. La Collezione dei dipinti antichi, a cura di D. Benati e L. Peruzzi, Milano 2006.