L’impostazione di questo piccolo dipinto è consueta alla pittura romana di tradizione derivante da Carlo Maratta, al quale si deve la messa a punto dell’iconografia dei nuovi santi canonizzati in epoca moderna, in ordine agli intenti di propaganda religiosa patrocinati dalla Controriforma. E’ da supporre che la tela, pur essendo finita in ogni sua parte, costituisca il modello preparatorio per una pala d’altare, che resta da rintracciare. Le qualità pittoriche contemplano due matrici culturali: emiliana, da un lato, e romana, dall’altro. La tela, per questo motivo, potrebbe spettare a un artista emiliano passato a Roma sul finire del Seicento, come Lamberti Bonaventura, che si trova nella capitale nel 1689. Caratteristiche romane sono infatti il taglio compositivo, il sostenuto eloqui classicista e gli accorgimenti retorici e formali che mirano a far convergere l’attenzione sulla figura ispirata del santo attraverso gli atteggiamenti degli astanti in primo piano, nei quali è visibile un recupero di modelli più antichi, come Annibale Carracci e Domenichino.
Banca Popolare dell’Emilia Romagna. La Collezione dei dipinti antichi, a cura di D. Benati e L. Peruzzi, Milano 2006.