Impaginata come una piccola pala d’altare, questa tavola, destinata alla devozione privata, esemplifica i caratteri peculiari del pittore, protagonista del panorama artistico modenese come mediatore tra i modi di Bianchi Ferrari e quelli di Nicolò dell’Abate. La sua figura è stata recuperata dagli studi recenti, dopo che Longhi ne aveva attribuito l’opera più importante, la pala Castelvetro in San Pietro a Modena (1522), proprio al giovane Nicolò. Importante risulta la sua collaborazione con Dosso attestata nel 1518 ma in questa piccola tavola il fragrante naturalismo di stampo dossesco flette verso forme di più rotonda classicità, in una sigla formale compatta e monumentale che lo affianca a un altro grande maestro, lo scultore Antonio Begarelli, e rivela la conoscenza dell’ambiente romano, dove è di fatto documentato nel 1520.

 

Banca Popolare dell’Emilia Romagna. La Collezione dei dipinti antichi, a cura di D. Benati e L. Peruzzi, Milano 2006.