Questo dipinto di Orazio Samacchini, forse allievo del Bagnacavallo, è un esempio di sintesi all’interno della civiltà della Maniera tra le opposte tendenze stilistiche che le avevano dato origine, ovvero la plasticità di Michelangelo e l’attento calcolo formale di Raffaello. La tavola appartiene a una fase inoltrata del pittore, ritrovando infatti quel legame morbido e fluido presente negli affreschi con Le storie di Mosè da lui eseguiti poco dopo il 1572 nel duomo di Parma. La cura dei dettagli, di gusto neoraffaellesco, è notevole in questa Sacra famiglia, suggerendo uno sguardo rivolto al coevo Prospero Fontana. Altro rimando è sicuramente il realismo caricato e grottesco di Bartolomeo Passerotti e lo si ritrova nelle fisionomie dei personaggi e nelle fattezze del Bambino.
Banca Popolare dell’Emilia Romagna. La Collezione dei dipinti antichi, a cura di D. Benati e L. Peruzzi, Milano 2006.