Apice della produzione matura del pittore, la tela restituisce un’immagine drammatica del Calvario, nella quale i corpi di Cristo e dei ladroni sono illuminati da una forte luce che squarcia il cielo temporalesco. Il dipinto coniuga ricordi da Giulio Romano, con derivazioni dal mondo nordico, evidenti soprattutto nella rissa dei soldati che si disputano le vesti di Cristo ai piedi della croce, scena tratta da una famosa incisione di Luca di Leyda. A questi brani di brutale realismo fanno da contrappunto altri di eletta eleganza, come il composto e nobilissimo compianto dei dolenti di sinistra, accostati a fregio come in un bassorilievo di età classica. La conduzione inquieta della pennellata che si accende di bagliori nel paesaggio sul fondo e sbalza con plastica evidenza le figure in primo piano rivela le propensioni ormai fortemente anticlassiche che nutrono il linguaggio dell’artista in anni maturi. E’ evidente che, dopo l’attenzione accordata a Raffaello e Parmigianino, il pittore ferrarese cerca altri modelli a cui far riferimento per esprimere la sua immaginazione fortemente patetica e l’angosciato sentimento della religiosità.
Banca Popolare dell’Emilia Romagna. La Collezione dei dipinti antichi, a cura di D. Benati e L. Peruzzi, Milano 2006.